Lions Club Trasimeno

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27 Settembre
Ristorante “Le Rocce” di Soccorso di Magione
InterClub tra i Lions Club
“Corciano Ascanio della Corgna” e “Trasimeno”
Presentazione del libro
“Sconosciuti illustri ed eroi dimenticati”
di Elio Clero Bertoldi

Ha introdotto il meeting Gianfranco Cialini presidente del Lions Club “Corciano Ascanio della Corgna” presentendo l’autore Elio Clero Bertoldi, noto giornalista tuttora operante per vari giornali.
Lo stesso però si considera storico per formazione culturale e si è sempre interessato di fatti storici accaduti nei vari secoli nel territorio, con particolare riferimento ad intrighi, delitti ed omicidi commessi da personaggi più o meno noti ai lettori contemporanei.
Il libro riporta la narrazione delle vicende accadute a 60 personaggi; tra questi vi sono eventi piuttosto noti perché riportati anche in libri si storia ed altri molto meno noti e ritrovati grazie a ricerche molto specialistiche.

A titolo esemplificato ha parlato di Liggeri (Ruggero) d’Andreotto, personaggio cui è intitolata una Via nella città di Perugia (Novella XV Torrita di Siena).
Fu costui il comandante delle truppe perugine che nel 1335 sconfissero il Comune rivale di Siena per ben due volte. I senesi avevano assoldato le truppe di Mainetto da Jesi, poi quelle del capitano di ventura tedesco Anichino Bongardo; ma furono sconfitti a Torrita di Siena e le truppe perugine penetrarono fino all’interno della città di Siena facendo 400 prigionieri e depredarono anche le catene del Palazzo di Giustizia, che furono collocate ai piedi del Grifo e del Leone “ad perpetuam rei memoriam”.

Ha poi parlato del 1200, secolo d’oro per Perugia che vide due Papi eletti in questa città; uno dei due, Celestino V, non volle mai venire a Perugia, fece il “gran rifiuto” e rimase sempre in provincia dell’Aquila.

Ha poi parlato del Machiavelli, che fece fallire la congiura contro Cesare Borgia (Novella XXXVIII).
Era successo che i condottieri ingaggiati dal Valentino per conquistare Bologna, temendo che Borgia intendesse poi sbarazzarsi anche di loro, ordirono a loro volta una congiura finalizzata all’eliminazione del Borgia con l’aiuto di Firenze e Bologna.
Ma anche tra i fiorentini ed i condottieri non scorreva buon sangue, tant’è che gli stessi governanti di Firenze mandarono Macchiavelli ad avvertire Borgia del pericolo corso; il tutto finì in una strage ordita da Cesare Borgia stesso.

Ha poi parlato di Fra Giovanni dal Pian di Carpine (Novella VI) il frate “gravis e corpulentus” che, nonostante la sua stazza, per primo riuscì a raggiungere il Catai (attuale Cina), dopo un viaggio terribile e piene di disagi.
Era divenuto, da pastorello magionese, seguace e frate di S. Francesco; dopo vari viaggi in Germania, Ungheria, Danimarca e Norvegia, fu incaricato dal Papa Innocenzo IV , preoccupato delle orde tartare di Gengis Kan che avevano invaso ampi territori dell’Europa Orientale, di inviare due ambascerie al capo di questi popoli; una delle due era guidata da Fra Giovanni.
Partendo da Praga raggiunsero Kiev; percorsero la valle del Dnieper e del Volga e, attraverso la valle dell’Ibi, raggiunsero Karacorum e riuscirono a farsi ricevere dal figlio del Gran Kan.
Non riuscirono a stabilire buoni contatti riportando indietro un messagio decisamente bellicoso; tuttavia furono rilasciati e rimandati indietro; scrissero per primi delle usanze, religione e costumi dei mongoli.

Si è descritta anche la figura di Cosimo Angelini (Novella XL), nato a Perugia, figlio di un capitano di ventura; fece parte dell’Ordine di S. Stefano, la cui sede era a Pisa.
Dopo qualche anno di studi, divenne capitano della flotta dei cavalieri di S. Stefano.
Combatté ripetutamente contro la flotte barbaresche presso gli scoglie delle Formiche e presso l’isola di Montecristo sconfiggendo il pirata albanese Amurat Rais.
Fu fatto prigioniero dai saraceni, ma riuscì a liberarsi.
Morì a 44 anni per un colpo di archibugio sulla tolda della nave ammiraglia.

Si è poi parlato di un processo contro Roberto Trincia dei Coppoli, accusato di aver partecipato alla strage nota come “le nozze di sangue” (Novella XXXIX) ai danni della famiglia Baglioni.
La strage fu consumata nella notte tra il 14 e il 15 Luglio del 1500 a Perugia durante i festeggiamenti seguiti al matrimonio tra Astorre Baglioni e Lavinia Orsini Colonna; i congiurati puntavano a restaurare al vertice della signoria perugina Grifonetto Baglioni, nipote e leggittimo erede di Braccio, a danno dei suoi fratelli Guido e Rodolfo e dei loro figli, che nel frattempo ne avevano assunto la reggenza.
Ma la congiura, dopo aspri e funesti omicidi tra persone della stessa famiglia, si concluse con rientro in città di Giampaolo Baglioni, che fece uccidere il traditore Grifonetto.
A morte fu pure condannato dopo processo Roberto Trincia dei Coppoli, reo non solo di essere stato uno dei congiurati, ma anche di aver anche incendiato le case della famiglia Tei.

E’ poi stata ricordata la storia di Sigieri di Brabante (Novella VI), famoso filosofo averroista citato anche da Dante nella “Divina Commedia”; originario della Fiandre, aveva inizialmente insegnato anche alla Sorbona di Parigi, Università dalla quale si era dovuto allontanare perché accusato di eresia.
In palese conflitto con il filosofo S. Tommaso, si era rifugiato ad Orvieto; qui, all’età di 47 anni, fu assassinato al coltellate dal suo segretario particolare.
Rimasero parecchi dubbi sul movente dell’omicidio: secondo alcuni il segretario sarebbe stato in preda ad un raptus di follia, secondi altri sarebbe stato vittima di un complotto, in cui gli avversari si sarebbero serviti del segretario.

Si è poi parlato di Lorenzo Giustini da Castello (Novella XXX), un tifernate che partecipò alla Congiura dei Pazzi.
Il 26 Aprile del 1478 il gruppo di cospiratori cercò di uccidere Lorenzo dei Medici presso la cattedrale di S. Maria del Fiore; ma l’attentato portò alla morte solo di Giuliano, mentre Lorenzo rimase solo ferito.
Ne seguì una feroce vendetta che portò alla morte di quasi tutti i congiurati.
Lorenzo Giustini però riuscì a sfuggire insieme a Lorenzo Bandini, altro congiurato che comunque fu impiccato perché Lorenzo il Magnifico riuscì a farselo rimandare indietro addirittura da Costantinopoli.
Il Giustini, protetto dal Papa Sisto IV, vagò tra Roma e Napoli assumendo vari incarichi.
Rimase ucciso in una faida paesana a Roma Prima Porta.

Girolamo Monticastri (Novella XLI) era un integerrimo magistrato di Todi che osò opporsi alla famiglia degli Atti, all’epoca dominante sul territorio, nel loro tentativo di monopolizzare l’acqua del laghetto di Casigliano per utilità privata ai danni dell’utilità pubblica degli abitanti nel comune di Todi.
Per vendetta fu ucciso da un assassino prezzolato nel giorno di Pasqua del 1529 sulle scale del Comune di Todi.

Cante de’ Gabrielli (Novella XIII), guelfo nato a Gubbio, fu più volte Podestà di Firenze; è famoso per aver condannato Dante per “baratteria, frode, falsità, dolo o malizia, inique estorsioni e proventi illeciti nella sua funzione di Priore di Firenze “.
A seguito di tali accuse Dante fu costretto all’esilio mentre Cante divenne uno degli uomini più illustri della corte papale.
Comandò diverse azioni militari, tra cui la più nota è la presa della città ghibellina di Urbino con conseguente eccidio di Federico da Montefeltro. Morì a Gubbio, avvelenato da uno dei Raffaelli, famiglia eugubina di fede ghibellina e quindi rivale dei Gabrielli.

Tra i capitani di ventura è stato ricordato Giovanni di Gregorio Zaccagninini noto col nomignolo di Zitolo o Citolo, come lo chiamavano i veneti (Novella LV). Il suo nomignolo sembra significasse “zitello”, benché in realtà non fosse tale.
Fu uomo d’arme di indiscusso valore al servizio prima della Repubblica di Firenze, poi dello Stato Pontificio, poi di Cesare Borgia, infine della Serenissima Repubblica di Venezia.
Tra le sue gesta è stata ricordata la riconquista di Padova (che era finita sotto il dominio di Massimiliano d’Austria) e poi la difesa della città contro le forze preponderanti della Lega di Cambrai.
Dopo un’epica difesa del bastione Codalunga, le forze nemiche, entrate in città, vennero colpite della gigantesca defragazione della polveriera che arrecò loro perdite preponderanti, tali da costringerli al ritiro.
A Padova è intitolata una Via a Citolo. Morì in battaglia davanti alle mura di Verona, sempre combattendo contro gli Asburgo, e fu sepolto a Venezia.

Pochi sanno che tra i protettori di Perugia, oltre S. Costanzo, S. Lorenzo e S. Ercolano, figurò anche S. Ludovico da Tolosa (Novella VIII); anzi la sua immagine rimase a lungo scolpita nel portale del Palazzo dei Priori ed a lui è dedicata la sequenza di affreschi, opera di Benedetto Bonfigli, che ornano la Cappella dei Priori.
Era figlio del re di Napoli ed apparteneva alla famiglia degli Angiò. Per varie vicissitudini entrò in contatto con S. Francesco, fu affascinato dalla vita monastica e divenne sacerdote.
Bonifacio VIII lo nominò Vescovo di Tolosa, ma rifiutò sempre le ricchezze dedicando la sua missione ai poveri, ai malati, ai prigionieri ed agli ebrei.
Morì a soli 23 anni, colpito da una malattia a Brignoles in Francia, ma la sua fama di santità si diffuse rapidamente in tutta l’Europa.

E’ stata poi ricordata la figura di Matteo di Pietro Graziani, ricco banchiere perugino, quale principale committente della splendida vetrata di S. Domenico (Novella XIX).
Per 4 anni, all’inizio del 1400, Perugia visse nell’orbita della famiglia di Gian Galeazzo Visconti, che morì nel 1402.
Ma il Visconti, da mecenate e protettore delle arti qual’era, aveva appoggiato la costruzione nella chiesa di una vetrata molto somigliante a quella del Duomo di Milano per soggetto e dimensioni.
Secondo alcuni critici la testa che figura nella parte bassa a destra nella decapitazione di S. Giacomo e dello scriba Iosia sarebbe proprio del Graziani; secondo altri sarebbe il ritratto di Gian Galeazzo Visconti.

Uno dei principale fautori dell’avvento dei Visconti a Perugia fu Ceccolino Michelotti (Novella XX), fratello di Biordo.
Dopo l’uccisione del fratello, Ceccolino difese Perugia da Braccio Fortebracci e dei Papa Bonifacio IX, interessati ad impossessarsi dei possedimenti che prima erano stati concessi a Biordo.
La sua fortuna durò finché a Perugia restarono i Visconti.
Quando, dopo la morte di Gian Galeazzo, Caterina rinunciò alla signoria perugina, Ceccolino cercò ed ottenne l’appoggio del Papa; mentre era a Roma, a seguito di una rivolta, fu proprio lui a scortare il Papa in salvo a Viterbo. Rimase comunque sempre acerrimo nemico di Braccio; fu sconfitto in battaglia a Spello e imprigionato. Morì poco dopo in prigione.

L’oratore ha poi ricordato Ludovico Aminale di Terni (Novella LIII), uno dei 13 cavalieri che presero parte alla disfida di Barletta (Novella LIII), anche se alcuni storici hanno cercato di sostituire il suo nome con quello di Ludovico Abenale di Capua.
Il suo nome è comunque riportato nella “storia d’Italia” del Guicciardini.

Infine si è parlato di Agapito Geraldini di Amelia (Novella XXXVI), vescovo considerato pio e costumato, che però sembra essere stato il segretario particolare di Cesare Borgia, lussurioso e senza alcun freno inibitorio.
Sembrerebbe impossibile la convivenza tra due personalità molto diverse e contrastanti; tuttavia dal momento in cui Geraldini, prelato presso il Papa Alessandro IV, ebbe l’incarico di accompagnare in Spagna il giovane Cesare per conoscere la promessa sposa Carlotta d’Aragona, si stabilì tra i due una buona relazione , rafforzata poi dal ruolo ricoperto dal Geraldini di difensore di Cesare contro le accuse molte accuse di omicidio che gli vennero rivolte.
Agapito entrò nelle grazie di Cesare che gli fece riconoscere un appannaggio di 100 ducati d’oro l’anno e gli donò un palazzo a Rieti; i due furono impegnati nell’elezione del nuovo Papa alla morte di Alessandro IV.
Fu però eletto Giulio II che addirittura fece imprigionare Cesare Borgia; questi riuscì a fuggire in Spagna, dove fu ucciso in un agguato.
Agapito si isolò dai palazzi mondani, riprese i suoi studi e morì nel 1515 portando certamente con sé i suoi inconfessabili segreti.