Lions Club Trasimeno

we serve

26 Novembre: "acquario" di Castiglione del Lago

9° serata del Decasperone

sul tema “La cucina ebraica”

Relatore Federica Spagnoli Coen

docente di Scuola di Cucina

Insert Logo HereLa relatrice ha iniziato il suo intervento ricordando che gli ebrei da venti secoli vivano sparsi nel mondo e che per questo hanno adeguato anche il anche il modo di cucinare alle tradizioni culinarie del paese ospitante. Tuttavia esistono alcuni principi cui la tradizione ebraica non rinuncia e che vengono osservati, anche nella cucina, in maniera più o meno integralista. Lei stessa, moglie di un ebreo, ha preso imparato ad attenersi ad alcune precise regole che hanno anche fondate motivazioni nella correttezza alimentare. Insert Logo Here Innanzi tutto anche l’atto del cibarsi rappresenta per un ebreo un atto di spiritualità e viene visto come tendente a rafforzare e rinsaldare la devozione al Signore. Per questo ci si attiene a precise regole sintetizzate del termine regole che definiscono “kasher” (significa regolare) tutto ciò che è valido, adatto e buono, con riferimento non solo al cibo ma anche all’uomo e alle sue azioni. Al contrario, per tutto ciò che non è kasher, si usa il termine “Taref” (significa dilaniato, non adatto). “Cucinare kasher” non vuol significare soltanto mantenere una tradizione, salvaguardare alcune norme igieniche, ma ha anche il significato di santificare (Qedushah). Come tutti i precetti ebraici, che spronano a rivestire di sacralità ogni atto della vita quotidiana, anche il cucinare kasher funge da stimolo alla ricerca interiore. Favorisce inoltre un miglior rapporto con gli altri uomini ed il rispetto per gli animali e per la natura. Insert Logo Here La Toràh ci indica le specie di animali che è permesso mangiare e quelli che è proibito mangiare. Tra i quadrupedi quelli che si possono mangiare devono avere lo zoccolo spaccato ed essere ruminanti. Sono permessi gli ovini, i caprini e i bovini. A contrario sono proibiti il maiale, il mulo, l’asino, il cavallo ed il coniglio. Per quanto riguarda i volatili, si possono mangiare quelli che non sono né notturni né rapaci: ad esempio si può mangiare il pollo e l’oca (il prosciutto d’oca e considerato una specialità della cucina ebraica), ma non si possono mangiare i volatili abbattuti attraverso la caccia con armi da fuoco. Si possono mangiare pesci, ma solo quelli che hanno pinne e squame: sono proibiti i molluschi, il caviale e lo storione. Proibiti sono anche gli insetti tranne alcuni tipi di cavallette permesse solo in alcune zone. Non si può cuocere la carne nel latte perché la Toràh impone di non mangiare il vitello cotto nel latte della madre. Norme speciali regolano la macellazione e la preparazione delle carni degli animali puri. Il precetto biblico dice: “Nessuna persona tra voi mangi sangue ed anche lo straniero che soggiorni Insert Logo Herecon voi non mangi sangue. La vita di ogni carne è il sangue, nel sangue sta la vita perciò ho detto ai figli di Israele: “Non mangerete il sangue di qualunque specie di carne”. Questo precetto viene attuato con la “shechità” o macellazione rituale ebraica che consiste nell’uccidere l’animale con un solo taglio di un coltello affilatissimo e con delle misure ben precise, dalla trachea all’esofago, in modo da provocarne l’immediata morte e il completo dissanguamento. Oltre alla shechità, colui che esegue la macellazione, cioè lo Shochet, deve provvedere alla “bedicà” ossia ad un’accurata visita dell’animale ucciso, perché qualora risulti malato o imperfetto l’animale non è kasher e quindi non potrà essere utilizzato. Seguirà poi il “nikur” o eliminazione del nervo sciatico. Il divieto di mangiare il nervo sciatico deriva dal racconto della Genesi della lotta di Giacobbe con l’angelo e dal fatto che Giacobbe ne uscì zoppo. Si procede quindi alla purificazione della carne da quelle parti di grasso (chelev) che venivano offerte come sacrificio sull’altare e che per questo era proibito mangiare. Questo è il compito dello shochet. Il resto spetta a chi ha la responsabilità della cucina. La cucina ebraica utilizza anche la “melihà” (messa sotto sale): la carne ben risciacquata va messa sotto sale grosso per non meno di venti minuti e non più di un’ora. Dopo la salatura, la carne deve essere lavata sotto acqua corrente per due o tre volte per eliminare completamente il sangue, oppure mettendo la carne ad arrostire su di una graticola in modo tale che il sangue scoli in un recipiente sottostante. Insert Logo Here Il fegato deve essere sempre arrostito perché non è sufficiente la salatura per eliminare il sangue, mentre il cervello e il cuore verranno messi sotto salatura dopo averli aperti e ben puliti. Generalmente gli ebrei di origine ashkenazita se, aprendo l’uovo vi trovano una macchia di sangue, lo eliminano, mentre i sefarditi eliminano la macchia nell’albume o gettano l’uovo se il sangue è all’interno del tuorlo. Tre volte la Toràh ripete lo stesso verso “non cucinare l’agnello nel latte della madre”. Una volta per non cucinare, una volta per non mangiare, una volta per non mischiare. Sono permessi quei formaggi cagliati con cagli di animali kasher o con caglio chimico. E’ ammesso l’uso del vino, ma è considerato idoneo solo il vino seguito dalla spremitura all’imbottigliamento. Sono proibiti tutti i vini usati per culti non ebraici, perché la mensa ebraica è simbolo dell’altare. Viene consumato il pane lievitato: si usa pane azimo solo in occasione della festa del Ringraziamento Problematico può risultare anche l’utilizzo di una struttura pubblica come un Hotel da parte di una comunità ebraica: può venire richiesta la disinfezione di tutte le pentole e le stoviglie usate per preparare e somministrare i pasti. Non è consentito lavorare di Sabato, giorno dedicato al culto del Signore, nemmeno per preparare il cibo. Pertanto i cibi vengono preparati prima e somministrati freddi. Nemmeno i camerieri possono lavorare, quindi ci si serve al più di personale non ebraico. La relatrice ha poi ricordato che le comunità ebraiche sono state sempre ben relazionate con le popolazioni locali e dalle stesse stimate ed aiutate. In merito ha ricordato la vicenda degli ebrei sfuggiti da Perugia e rifugiati ad Isola Maggiore durante la persecuzione nazista. Quando si seppe dell’incursione nazista sull’Isola finalizzata alla loro cattura, gli ebrei furono aiutati a fuggire di notte da alcuni barcaioli che li scortarono a S. Arcangelo

Insert Logo Here