Lions Club Trasimeno

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Sabato 14 Ottobre
Un'uscita particolare...
visita della Scarzuola






Associata al service che prevede l’adozione a Insert Logo Here distanza di due bambini peruviani, il Lions Club Trasimeno ha organizzato la visita della “Scarzuola” sita in prossimità di Montegiove.
In tale luogo, nel 1218, San Francesco costruì una capanna nel punto in cui aveva piantato una rosa e un alloro e da cui era sgorgata miracolosamente una fontana.
La capanna fu realizzata con una pianta palustre di nome scarza, da cui deriverebbe il nome Scarzuola. Successivamente, per ricordare l'avvenimento, i conti di Marsciano vi fecero costruire una chiesa e successivamente un convento, entrambi affidati ai Frati Minori.
Nella seconda metà del Novecento, più precisamente nel dicembre 1957, l'architetto milanese Tomaso Buzzi acquisì la proprietà dell'intero complesso, creandovi accanto la "città ideale", la sua opera forse più intrigante e misteriosa, fuori dalle norme dell’architettura tradizionale, una vera e propria allegoria escatologica dell'esistenza, adottando il linguaggio ermetico caratteristico dell'aristocrazia massonica del Settecento.
Insert Logo Here Prima di entrare nella Scarzuola si passa vicino ad un antro scavato nella roccia che conduce a tre porte: la porta Gloria dei Conduce al Convento, la porta Mater Amoris conduce al vascello di cui Cupido è il timoniere, la porta Gloria Mundi non conduce in alcun luogo e dimostra la vacuità della cose terrene.
Si entra poi nella città teatro di Buzzi costituita da particolari costruzioni raggruppate in 7 scene teatrali.
Si entra nel Teatrum Mundi chiuso in fondo da un vascello sulla cui destra sorge l’Acropoli in cima alla quale svettano riproduzioni di vari edifici incastrati gli uni negli altri come a formare qualcosa di indivisibile; si possono riconoscere il Partenone,il Colosseo, il Pantheon, la Piramide, la Torre dei Venti, il Tempio di Vesta, la torre dell’orologio di Mantova.
Al centro c’è il terzo occhio con uno specchio al posto della pupilla; questo pone il visitatore di fronte alla sua immagine spogliandolo da ogni condizionamento esterno e ponendolo di fronte a sé stesso.
A sinistra c’è poi il Teatro dell’Arnia, che deve il suo nome al ronzare delle api, riprodotte sulla parete esterna, metafora dei pensieri rumorosi ed agitati dell’architetto. Una contraddittoria relazione di tipo iniziatico viene a stabilirsi tra l'antico convento e le intellettualistiche fabbriche del teatro, sovraccariche di simboli e segreti, di riferimenti e di citazioni: dalle allusioni a divinità sia pagane sia cristiane, ai ricordi delle Ville di Plinio, al Hypnerotomachia Poliphili (*), alle idee non concretate di Francesco Borromini e Filarete.
Insert Logo Here Dal Teatrum Mundi, seguendo il Pegaso alato, si incontra la Torre del Tempo, scandita da un orologio sulla pietra e successivamente il Tempio della Madre Terra, dove è riprodotto in formato gigantesco il corpo di una donna dai seni nudi, ai lati della quale si aprono le due porte della Scienza e della Tecnica e dell’Arte e della Fantasia.
Si scende ancora e si arriva alla bocca della balena di Giona, simbolo della morte e della rinascita, ed alla Torre della meditazione e della solitudine. Qui il terreno risale sul pendio naturale e si arriva alla Porta dell’Amore, sulla quale campeggia la scritta “Amor omnia vincit”.
Raggiunta la sommità della collinetta si arriva al tempietto esagonale di Flora e Pomona ed al Teatro acquatico, le cui geometrie si riflettono nella vasca a forma di farfalla creando ipnotici giochi di luci e colori.
Si arriva poi al Tempio di Apollo al cui centro svetta un cipresso colpito da un fulmine, detto anche Teatro di Ciparisso, mitico personaggio che, rattristato per aver ucciso un animale domestico, chiese ad Apollo di trasformarlo in cipresso dal cui tronco sgorga una resina, molto simile alle lacrime.
Insert Logo Here Di fronte al tempio di Apollo c’è la Torre di Babele che racchiude una piramide simbolo del bambino che è ognuno di noi, prima del contatto con il mondo che ci allontana dal divino.
La Torre di Babele contiene anche la Scale delle sette ottave, la Scala a chiocciola del Sapere che collega la torre all’Acropoli.
Il viaggio sembra concludersi nell’Empireo architettonico in maniera positiva, ma l’architetto vuole volutamente far vivere ad ogni individuo un suo percorso attraverso il giardino di pietra e quindi persegue l’obiettivo che ogni visitatore possa vivere in maniera personale il percorso intrapreso.
La complessa simbologia creata da Buzzi permette di individuare una seconda interpretazione dell'intero complesso urbano. L'intricato percorso iniziatico, che si dipana tra gli edifici della città, rappresenta un confronto con l'inconscio e si completa attraverso una serie di incontri con figure archetipiche, secondo il modello di individuazione sviluppato da C. J. Jung.
L'incontro con le figure che popolano la città, simboleggianti i diversi aspetti della psiche, porta gradualmente il visitatore a una maggiore consapevolezza di sé, in un metaforico percorso di rinascita che scende nelle parti più profonde e buie dell'inconscio per poi risalire all'Acropoli, simbolo della piena realizzazione del Sé.
Lo stile che meglio interpreta l'ansia di licenza di Buzzi è il neomanierismo che egli identifica anche nell'uso di scale e scalette in tutte le dimensioni, allungamenti di membrature architettoniche, varietà di modi alla rustica, un po' di mostri, volute sproporzioni di alcune parti, statue verdi all'Arcimboldi, affastellamento di edifici, di monumenti, un che di labirintico che arriva a un certo surrealismo evocativo, sinuoso, antropomorfico, geometrico, astronomico, magico.
Alla morte di Buzzi, nel 1981, la città era stata realizzata solo in parte ma, grazie agli schizzi lasciati, l'erede Marco Solari terminò l'opera; è lo stesso Solari che accompagna i visitatori, aggredendoli, forse volutamente con osservazioni esistenziali e filosofiche più o meno condivisibili, probabilmente per accentuare il senso di stordimento che il visitatore prova all’uscita dal complesso architettonico.

(*)Il libro narra di Polifilo insonne perché la sua amata Polia si è allontanata da lui. Polifilo viene trasportato in una foresta selvaggia, dove si perde, incontra draghi, lupi e fanciulle e meravigliose architetture, fugge e si riaddormenta di nuovo.
Poi si sveglia in un secondo sogno, sognato all'interno del primo. Nel sogno alcune ninfe lo conducono dalla loro regina e lì gli chiedono di dichiarare il suo amore per Polia.
Polifilo dichiara il suo amore e poi due ninfe lo conducono davanti a tre porte. Polifilo sceglie la terza e lì scopre la sua amata. I due sono condotti da altre ninfe in un tempio per la cerimonia del fidanzamento. Lungo la strada passano attraverso cinque processioni trionfali che celebrano l'unione degli amanti. Poi Polifilo e Polia sono trasportati all'isola di Citera su un'imbarcazione il cui nocchiero è Cupido; lì vedono un'altra processione trionfale che celebra la loro unione. La narrazione è ininterrotta, ma qui si inserisce una seconda voce, Polia che descrive l'erotomachia dal suo punto di vista.
Polifilo riprende la narrazione. Polia respinge Polifilo, ma Cupido le appare in sogno e la costringe a tornare da Polifilo, svenuto come morto ai suoi piedi, e riportarlo in vita con un bacio. Venere benedice il loro amore e gli amanti finalmente sono uniti. Quando Polifilo sta per prendere Polia tra le sue braccia, Polia si dissolve nell'aria e Polifilo si sveglia.